Avvocato del lavoro a Milano
Elizabeth Birtwistle

Le criticità del licenziamento per scarso rendimento

ll licenziamento per scarso rendimento rappresenta una delle fattispecie più complesse da provare per il datore di lavoro, in quanto richiede la dimostrazione di molteplici elementi costitutivi.

Come stabilito dalla Cassazione n. 14605/2000, il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale non integra automaticamente un inadempimento, poiché il lavoratore è obbligato ad un “facere” e non ad un risultato. L’inadeguatezza della prestazione può infatti essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o a fattori non dipendenti dal lavoratore.

Secondo l’art. 5 della legge n. 604/1966, l’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro. Nel caso dello scarso rendimento, questo onere probatorio è particolarmente gravoso.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 4171/2007, ha precisato che il datore di lavoro non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento di un risultato “stimato” o “atteso”, ma deve dimostrare che tale inadeguatezza sia ascrivibile a una colpevole negligenza del dipendente nell’espletamento dei propri obblighi contrattuali.

In particolare, secondo la sentenza del Tribunale di Lucca n. 8/2023, il datore di lavoro deve provare:

  1. Il grado di efficienza media dei colleghi
  2. Lo standard produttivo concordato
  3. La colpa del lavoratore
  4. Le concrete ricadute negative sulla produzione

Non sono sufficienti mere valutazioni negative o generiche lamentele.

La sentenza del Tribunale di Cassino n. 343/2019 ha ulteriormente specificato che il licenziamento per scarso rendimento è legittimo solo qualora sia provata una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, in conseguenza di un notevole scostamento tra gli obiettivi di produzione fissati e quanto effettivamente realizzato, in comparazione con la media dei risultati ottenuti dai colleghi con la medesima qualifica e mansioni.

La sentenza del Tribunale di Milano n. 1641/2016 ha evidenziato che il mero mancato raggiungimento degli obiettivi di produttività non è sufficiente per ritenere che lo scostamento sia di gravità tale da giustificare il recesso. Il datore deve provare che l’inadempimento contestato sia di tale gravità da rendere proporzionata la scelta del licenziamento.

La difficoltà probatoria è accentuata dal fatto che, come stabilito dalla Corte d’Appello di Roma n. 4089/2019, il datore di lavoro deve dimostrare non solo l’inadempimento oggettivo, ma anche l’elemento soggettivo del dolo, quando la contestazione disciplinare faccia riferimento a una “voluta lentezza” nell’esecuzione della prestazione lavorativa.

In caso di mancato assolvimento di questo complesso onere probatorio, come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 19/2023, il licenziamento deve essere considerato illegittimo, con conseguente diritto del lavoratore alle tutele previste dalla legge.

La complessità dell’onere probatorio è ulteriormente confermata dalla necessità di dimostrare che lo scarso rendimento non sia imputabile a fattori organizzativi o socio-ambientali dell’impresa, elementi che spesso risultano di difficile esclusione da parte del datore di lavoro

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